Articoli e Interventi >> LA BUONA POLITICA E IL BENE COMUNE
 
Aristotele ci ha insegnato che la politica, in quanto modalità di governo al servizio dell’etica, deve essere, sempre, indirizzata verso una visione del bene comune, a favore dei cittadini e delle società che essi esprimono.
Tuttavia, non basta essere onesti, “saggi” e “sapienti”, per potere governare bene, ma bisogna sapere mettere in pratica queste virtù per rafforzare, come sosteneva Platone, “l’uso del sapere a vantaggio dell’uomo”.
Oggi,  purtroppo, la maggior parte di  noi fa una grande fatica a guardare alla politica in quanto strumento per affezionare i cittadini alle istituzioni che ci governano.
La morale, infatti, sta diventando, sempre più, un “optional” asservito, molto spesso, ad un “modo nuovo” di fare politica che sta snaturando quei valori strettamente legati al rispetto dei diritti dell’uomo e sta proponendo, nel tentativo di legittimarle, “nuove regole” destinate ad indebolire le fondamenta della democrazia rappresentativa.
Noi riteniamo, comunque, che sia opportuno sostenere quella che ancora possiamo considerare buona politica e cercare di frenare processi  destinati a mutilarne completamente il ruolo quando si è legittimati a governare.
Nel caso della Calabria, nutriamo forti perplessità sulla istituzionalizzazione  di un governo regionale, “esclusivamente” tecnico, coordinato da un Governatore, eletto dal popolo e, quindi, espressione di un progetto “esclusivamente” politico.
E’ come se il Governatore diventasse un coordinatore tecnico, nella convinzione che quello che conta per governare,  non è la “cultura politica”, ma le competenze tecniche o il grado di istruzione.
Istruzione non è sinonimo di cultura, in quanto quest’ultima, a nostro avviso, deve essere intesa come capacità di essere protagonisti attivi della crescita di un sistema sociale e di trasferire questa convinzione anche ai cittadini.
A meno  che, il governatore abbia la certezza che tutti i consiglieri di maggioranza non siano all’altezza del loro ruolo politico-istituzionale e siano, quindi, persone di “basso profilo”.
Se così fosse, egli dovrebbe prendere atto del fallimento dell’intero progetto politico costruito per la sua elezione e trarne le dovute conseguenze.
Noi, invece, siamo convinti che la costituzione di una giunta esclusivamente tecnica, di “alto profilo” si stata una reazione “a caldo”, da parte del Governatore, a seguito degli incidenti di percorso che si sono verificati durante l’inchiesta “rimborsopoli” che non ha coinvolto, certamente, tutti i consiglieri regionali.
Poiché, però, questa seconda giunta, secondo quanto dichiarato dal Presidente, resterà tale fino alla fine della legislatura, noi abbiamo dei grossi dubbi, in ordine alla capacità di questo esecutivo (senza assolutamente nulla togliere alle elevate competenze dei tecnici che lo compongono), di riuscire a svolgere il mandato “politico” che lo dovrebbe caratterizzare, sia nei rapporti interistituzionali a livello comunitario, nazionale e sub-regionale, sia nelle relazioni con l’assemblea regionale.
Nella cultura tedesca, una simile commistione sarebbe inconcepibile: ad ognuno le proprie competenze, dando ai tecnici di "alto profilo" il ruolo di sostegno alla buona politica.
D’altra parte, il passato ci insegna che i governi tecnici nazionali o regionali sono sempre falliti, perché essi vengono costituiti, in via transitoria, quando la politica teme di perdere consensi con riforme o provvedimenti antipopolari.
Senza considerare che, con i governi tecnici, si rafforza la convinzione, da parte degli elettori, che la politica non è in grado di affrontare e risolvere i problemi che caratterizzano l’ambiente in cui vivono.
Il rispetto del principio di prossimità si deve attuare, quindi, sul terreno politico, in quanto i cittadini hanno bisogno di dialogare e comunicare, in particolare, con coloro verso  quali hanno posto la loro fiducia.
     Nel caso della Calabria, il Governatore non può pretendere che tutti  i consiglieri regionali di maggioranza diventino degli osservatori e votino solo gli atti quando viene loro richiesto.
Governare, insieme con una parte dei rappresentanti politici della maggioranza eletta dai cittadini, garantisce una continuità di linea politica tra Governatore, Giunta e Consiglio il cui ruolo istituzionale è fondamentale ed imprescindibile per assolvere, a pieno, alle sue prerogative statutarie.
Inoltre, la particolare situazione sociale ed economica della Calabria, oggi più che mai, pretende un forte  impegno da parte dell’Assemblea regionale, per rafforzare quegli strumenti istituzionali necessari, in grado di avviare un vero processo di discontinuità rispetto al passato: migliore legislazione, efficace decentramento, costruzione di un processo di programmazione partecipativa, coordinamento e controllo democratico dell’azione politica di governo.
Solo a queste condizioni, sarà possibile avviare quelle riforme necessarie per consentire alla regione di uscire dal suo immobilismo e di indirizzarsi verso un percorso virtuoso per il raggiungimento degli obiettivi di lungo periodo, anche se questi ultimi pretendono  tempi più lunghi di un’intera legislatura.
Una nuova Calabria, migliore, più sana,  più protagonista e più competitiva  non si crea dall’oggi al domani.
E se non si instaura e non si consolida un rapporto di piena funzionalità politico-istituzionale ed amministrativa tra questi tre Organi, qualunque attività di governo sarà destinata a fallire.
Se, il Presidente è, tuttavia, convinto che per traghettare il sistema regionale dalla sponda dell’immobilismo verso quella delle reali prospettive di crescita, occorre che la sua azione “politica” venga svolta in quanto coordinatore di una giunta tecnica, con la concentrazione su di sé tutte le materie più sensibili per lo sviluppo regionale, faccia pure. Un anno di questa legislatura è già passato e noi siamo sicuri che, in assenza di una grande e collegiale capacità politica di prospettiva, non sarà possibile dare ai cittadini la speranza di un futuro migliore ed ai giovani, a cui è stato ormai rubato il lavoro, la prospettiva di una loro crescita nei territori d’origine.
 
 
Vincenzo Falcone
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