Articoli e Interventi >> Metodi e strategie per l’elaborazione dei Programmi d’area
 
I cittadini calabresi sono molto insoddisfatti di come sono andate le cose finora in Calabria.
Essi hanno bisogno di prospettiva, chiedono di stare meglio, di poter lavorare di più e di essere coinvolti più attivamente al processo di sviluppo e di crescita della Regione.
Questo deficit democratico, che dura ormai da molto tempo, può essere colmato solo se si trasformano gli stessi cittadini in attori e protagonisti del loro stesso sviluppo, attraverso una loro partecipazione alla crescita dell’area in cui vivono (e svolgono la loro attività), sia in quanto persone singole che in quanto rappresentanti muniti di legittimità democratica ai diversi livelli: politico, istituzionale, economico e sociale.
Quindi, benessere sociale migliore e maggiore occupazione sono i due grandi obiettivi da raggiungere sia nel breve che nel medio e lungo periodo, attraverso la costruzione di un metodo di lavoro e di strategie appropriate rispetto alle esigenze delle aree e dei territori calabresi  che scontano oramai da troppo tempo gli errori storici di una mancanza di programmazione appropriata ai reali bisogni delle popolazioni locali.
Come è noto, anche a livello europeo, i fondi strutturali e le politiche di coesione tradizionali non sono riuscite ad eliminare le disparità dello sviluppo territoriale, ma hanno anzi contribuito alla polarizzazione della popolazione e delle attività economiche intorno alle aree centrali.

Se da un lato, i poveri stanno diventando meno poveri, dall’altro i ricchi stanno diventando più ricchi.
Per evitare questo, occorre puntare su uno sviluppo più equilibrato in cui le politiche settoriali siano adattate alle specificità ed alle peculiarità di ciascun area nella quale si intende intervenire.
Questo significa che la coesione economica e sociale deve essere integrata dalla dimensione territoriale, attraverso il processo di decentramento agli Enti locali sub-regionali e la migliore organizzazione del territorio nel senso di uno sviluppo più equilibrato.
In  Calabria, rispetto alle Regioni Centrali dell’Unione, prevalgono le aree rurali con città di medie e piccole dimensioni, nelle quali lo sviluppo dei centri urbani potrebbe fornire la base per una distribuzione più equilibrata dell’attività economica all’interno della regione.
Il successo dell’azione di governo regionale dipende, ovviamente, dalla sua concezione e dalla sua strategia di sviluppo, nel senso che occorre prestare attenzione ad un numero adeguato di dimensioni strategiche, in cui il coinvolgimento degli attori locali diventa condizione fondamentale per uno sviluppo ed una crescita autosostenibili.

Naturalmente, le strategie di sviluppo non possono essere identiche per tutte le aree, si devono fondare sui punti di forza e sulla carenze delle singole aree e devono essere elaborate in funzione di specifici obiettivi settoriali e filiere produttive.
La programmazione d’area presuppone un alto livello di conoscenza dei territori in cui si intende intervenire e le relative politiche d’intervento, seguendo anche l’approccio dal basso verso l’alto, devono coinvolgere tutti gli attori locali che favoriscano strategie di crescita endogena, attraverso il sostegno a filiere produttive, (una selettiva politica degli incentivi ed un supporto istituzionale a livello di trasferimento tecnologico e di formazione professionale)e la promozione della cooperazione degli attori economici fondata sulla fiducia, la mutualità e la reciprocità.

Ovviamente, tutto ciò devono inserirsi nel quadro delle linee direttrici e dei vincoli definiti dalle politiche dall’alto verso il basso.
Infatti, le reti infrastrutturali (fisiche dei trasporti ed energetiche), di produzione (presenza di collegamenti tra società multinazionali e Piccole e Medie Imprese), d’informazione (infrastrutture dell’informazione e delle telecomunicazioni, organizzazioni di intermediazione) e di immagini (diffuse tramite mezzi di comunicazione, Internet, ecc), sviluppate a livello comunitario, nazionale e regionale, devono essere le più vicine e le più compatibili, in termini di contesto, ai programmi d’area, in caso contrario, ogni programma perderà la sua forza di coesione e di autopropulsione.

Solo creando un equilibrio tra le dinamiche dall’alto e dal basso sarà possibile avviare un processo di attrazione dello sviluppo sostenibile adeguato ai bisogni d’area ed introdurre una concertazione flessibile per favorire l’integrazione di politiche di varia natura come quelle agricole, industriali, dei trasporti, delle infrastrutture, dell’istruzione e delle politiche sociali.
Oggi la Calabria si presenta con un’immagine certamente non positiva come area per fare investimenti. Infatti,:
°        il costo del lavoro non è conveniente
°        non è molto facile trovare il personale di cui si ha bisogno
°        vi è carenza di infrastrutture e servizi
°        le  materie prime non sono convenienti
°        la situazione dell’ordine pubblico e della sicurezza non è tranquilla
°        le amministrazioni pubbliche non sono efficienti e le procedure burocratiche sono  lente e complesse
°        il sistema giudiziario non funziona bene
°        l’uso di Internet e delle nuove tecnologie non è molto sviluppato
°        gli operatori del sud sono relativamente affidabili

La Calabria non dispone né di marcate identità regionali né di strutture socioeconomiche indipendenti.
Gli svantaggi strutturali di natura storica, come un insediamento della popolazione parcellizzato e disperso sul territorio, la mancanza di un’agglomerazione e di una cooperazione economica e una struttura settoriale e specialistica sfavorevole, con un settore industriale decisamente marginale e un settore dei servizi alimentato e sovrabbondante, sono ancora oggi ostacoli enormi per lo sviluppo della regione. A questo si aggiungano la mancanza di una tradizione di lavoro autonomo imprenditoriale nell’artigianato, nell’industria e nei servizi, la prevalenza di una prassi economica caratterizzata da un atteggiamento parassitario incline a ricevere passivamente ed il problema del crimine organizzato.

Non sono quasi mai state progettate e realizzate concrete misure politiche per superare le carenze strutturali, per utilizzare con maggiore razionalità i potenziali endogeni presenti in Regione e per elevare le capacità proprie della Calabria in campo socioeconomico.
La stagnazione e l’ulteriore marginalizzazione della Calabria possono quindi essere spiegate con la presenza nella regione di fattori socioeconomici relativamente sfavorevoli, precisando però soprattutto che finora la politica nazionale e regionale non ha perseguito e realizzato misure politiche capaci di produrre un cambiamento positivo delle variabili strutturali socioeconomiche e un utilizzo più razionale dei potenziali endogeni.
In Calabria, gli obiettivi della politica regionale non sono stati realizzati con coerenza sul piano nazionale e regionale e in molti settori la politica europea degli aiuti non ha preso in considerazione le vere esigenze e possibilità regionali e i fondi a disposizione non possono essere utilizzati.

Quindi, una strategia ben progettata ed accettata dalle autorità locali potrà costituire la vera base di riferimento per lo sviluppo a medio e lungo termine della Regione, a condizione che i progetti e gli investimenti siano selezionati alla luce di tale strategia ed essere del tutto coerenti con essa.

La programmazione d’area diventa, perciò, la strategia vincente se si vuole dare alla Calabria, per se nel medio e lungo periodo (almeno 10 anni), quello sviluppo sostenibile ed autopropulsivo sempre “desiderato” ma mai realizzato.
Il primo passo operativo  è quello di individuare le aree di riferimento che, nella fattispecie della Calabria, devono riferirsi istituzionalmente alle cinque Province, all’interno delle quali individuare delle aree funzionali integrate,  valorizzandone al massimo le specificità e le naturalità.

La Calabria non ha grandi “attrattori unitari” ma un insieme di peculiarità che, messe opportunamente a rete, possono diventare motori ed “attrattori integrati” in grado di stimolare l’avvicinamento dei due più importanti “clienti” dello sviluppo autopropulsivo: i turisti e le imprese.
Poter potere fare questo, occorre principalmente conoscere le forze e le debolezze del territorio sul quale si vuole intervenire, quali ad esempio,  il livello di reddito, il grado di disoccupazione, i tassi di attività, il livello di istruzione, l’indice di dotazione dei servizi infrastrutturali, gli indicatori ambientali, il livello di degrado sociale e di qualità della vita, ecc.
Successivamente, occorre, impostare un programma integrato di sviluppo d’area che non si limiti alle scelte settoriali  ed al solo miglioramento delle infrastrutture, ma che prenda in considerazione anche altri fattori la cui mancata inclusione determinerebbe una “perdita di efficienza” del programma stesso.

Ci si riferisce, ad esempio, alla scelta della dimensione d’impresa da collocare nell’area, al mantenimento e miglioramento delle condizioni di vita e di insediamento delle imprese, alle priorità settoriali, al ruolo strategico delle risorse endogene, ai servizi di supporto allo sviluppo, al ruolo policentrico dei centri urbani, alla distribuzione geografica degli interventi, al livello di competitività della regione, in termini di cooperazione interregionale transeuropea ed internazionale, ecc.

Naturalmente, il principio generale a sostegno della programmazione d’area deve essere  quello della prossimità (e cioè che le decisioni devono essere prese il più vicino possibile ai cittadini), attraverso la quale validare e rendere  realistica la democrazia trasparente e partecipativa in cui l’apertura, la partecipazione, la responsabilità, l’efficacia e la coerenza diventino concretamente i veri pilastri della governance e le regole generali di una politica pubblica di qualità.

Occorre attivare e rendere dinamiche le strutture presenti, stimolando la creazione di  una società civile matura, mobile, aperta e capace di adattamento e di valorizzare il “capitale sociale” in quanto “potere della società civile" come elemento della dimensione dell'azione dello sviluppo regionale.
 
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