Articoli e Interventi >> Lettera aperta al Presidente Oliverio
 
Caro Presidente,

in quanto cittadino della nostra Regione, sento il diritto/dovere di esprimere alcune riflessioni, in ordine alle tue dichiarazioni programmatiche presentate al nuovo Consiglio regionale, qualche giorno fa.
Non posso  non essere d’accordo con te, sulla diagnosi e le terapie circa i gravi problemi della Calabria perché sono sempre gli stessi, in quanto  nulla è cambiato.
Nel leggere il tuo programma di governo, ho ripercosso, con la mia memoria,  i 21 Documenti politico-programmatici che hanno dato vita agli esecutivi regionali, fino al 2000, e quelli dei tre governatori che ti hanno preceduto e non ho trovato nulla di nuovo, perché sarebbe stato impossibile camuffare lo stato di immobilismo sociale ed economico che attanaglia la nostra regione da sempre, dicendo cose diverse da quelle che hai detto.
In chiave “piu moderna” hai sottolineato quanto sosteneva, tra l’altro, il Primo Presidente della Giunta regionale, Antonio Guarasci, all’atto del suo insediamento, nel 1970 e cioè 45 anni fa: “smantellamento di vecchi e deprecati sistemi della vita politica, quali il localismo, il clientelismo politico, l'elettoralismo, il settorialismo ed il paternalismo...", ….“l’esigenza di una classe dirigente in grado di proporre soluzioni moderne”, e  “la necessità di un vero progetto speciale della Calabria basato sulla sua specificità, sulla sua autonomia di sviluppo, sulla sua “regionalità” come forza distintiva e qualificante”.
Oltre 15 anni dopo, a partire dal 13 novembre del 1986 e fino alle elezioni del 1990, nel 1986, con  Francesco Principe, prima e Rosario Olivo dopo,  quali Presidenti della “Giunta più Rossa d’Italia”, della quale tu eri componente in qualità di  assessore all’Agricoltura, le linee politiche e programmatiche, sottoscritte dai partiti di sinistra (con la partecipazione dei Repubblicani e dei  Socialdemocratici, a livello locale) sottolineavano, tra l’altro,  a vario titolo, la inderogabile “esigenza di affrontare la drammatica situazione calabrese, caratterizzata da un crescente degrado della vita istituzionale, economica e sociale”, attraverso l’avvio di “un nuovo processo di sviluppo complessivo della Calabria, superando la separatezza tra istituzioni politiche e società civile e creando un rapporto tra politica e morale che inverta le tendenze del passato”.
E poi, la promozione di “progetti integrati di sviluppo in grado di saldare nuovi servizi e più alti livelli di crescita dei settori produttivi più sensibili alle peculiarità del territorio regionale”.
E poi, ancora, ancora, un forte impegno della Regione  per istituzionalizzare le programmazione “quale metodo di governo costante ed imprescindibile per assicurare il pieno rispetto delle regole democratiche e combattere l’illegalità diffusa, nonché di “saldare il governo dell’emergenza con elementi di trasformazione strutturale della economia e della società calabresi”…
Non di meno, i governatori che ti hanno preceduto, a partire dal 2000, hanno sottolineato  l’esigenza di ” sviluppare una forte solidarietà sociale nei confronti delle classi più povere, più bisognose e più emarginate, conseguire il sogno ambizioso di una “Calabria dei calabresi”, mantenere un confronto continuo con i cittadini, in un prospettiva di autentica e diffusa democrazia” (Chiaravalloti).
E poi, la necessità di elaborare un vero “progetto di cambiamento in grado di offrire risposte adeguate ai problemi dei calabresi, di restituire la voglia di intrapresa e di realizzazione, di recuperare un’adeguata tensione morale e programmatica” (Loiero).
E, poi, ancora “l’istituzionalizzazione di una strategia di rottura con il passato e con quelle logiche perverse che ne hanno contraddistinto le scelte, nel convincimento che la Calabria, è in grado di essere artefice del proprio sviluppo” (Scopelliti).
Come puoi constatare, caro Presidente, le “buone intenzioni”, al di là del colore politico, ci sono sempre state; il vero problema è stato quello di trasformare in veri e propri progetti  strategici operativi le terapie individuate.
L’esperienza maturata a livello di dirigente regionale, dal 1972 a 1994 ,  e di Segretario Generale del Comitato delle Regioni dell’Unione Europea nel decennio 1994/2004, mi consente di dire che in Calabria non basta un Governatore per cambiare le cose.
La nostra Regione, praticamente sconosciuta in Europa, e con un export pari allo 0,09% di quello nazionale è così debole che necessita di terapie d’urto molto coraggiose e, naturalmente non gradite dagli avvoltoi, dagli affaristi, dai mazzettari, dai mercenari e da quelli  che,  sotto l’ottimo vestito, cercheranno di utilizzare il tuo ruolo per ingrossare i propri affari e per consolidare le loro, per me, infelici carriere politiche.
Tu potrai rispondermi che sarai sicuramente in grado di frenare questa falange perversa, ma io ho i miei dubbi,  perché il camaleontismo ed il trasformismo, sono maledettamente molto più subdoli di quanto non si possa immaginare.
Io ti riconosco una grande onestà intellettuale ed una forte integrità morale; abbiamo condiviso, insieme, anche se con funzioni e ruoli diversi, la speranza di un cambiamento in un momento in cui, come diceva Franco Politano, allora vicepresidente della Giunta regionale, purtroppo “il nodo della qualificazione della spesa e di una politica di trasparenza si è dimostrato più stretto di quanto potessimo immaginare, in quanto la Giunta ha dovuto fronteggiare difficoltà e veri e propri sabotaggi che venivano dall’interno e dall’esterno della regione”.
Personalmente, credo nella tua determinazione, ma questo, purtroppo, non mi sembra sia sufficiente.
Occorre un patto per la crescita che coinvolga tutte le altre istituzioni, al di la dei sistemi di governo, quali la Chiesa, la Scuola, la Famiglia e l’intera Società Civile.
Occorrono dei progetti strategici integrati, chiari, trasparenti e condivisi che siano i pilastri e le fondamenta della tua azione di governo.
Occorre far conoscere la Calabria all’Esterno, attraverso la cooperazione interregionale transeuropea, al di là dei fondi strutturali che sono una minima parte di quanto le Istituzioni dell’Unione Europea potrebbero riconoscere alla Calabria, in termini ruolo primario nella sua posizione strategica nell’area del Mediterraneo.
Globalizzazione ed allargamento hanno stretto in un morsa una regione come la Calabria e solo una “rete” forte di condivisione, prospettiva e continuità nel progetto di crescita, potrebbe avviare un vero percorso di cambiamento rispetto al passato.
Provaci Presidente, perché insieme si lavora meglio.
Un caro saluto

Vincenzo Falcone
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