Articoli e Interventi >> POLITICA CLIENTELARE E BUROCRAZIA PARASSITARIA
 
Quando leggo e sento alcuni  "uomini di cultura" ed altrettanti "politici di razza" che attribuiscono le cause della non crescita della Calabria, quasi esclusivamente, alla inefficienza ed incapacità della burocrazia regionale, mi chiedo in quale mondo vivono i primi ed a quale livello di spudoratezza arrivano i secondi.
Forse non è male ricordare come è nato il corpo amministrativo regionale, a partire dal 1970, e come è stato gestito in questi 45 anni di regionalismo.?
La struttura organizzativa interna della Regione nasce nel 1971, con un organico provvisorio che, nell’arco degli anni, è rimasto tale, senza assumere la vera connotazione di un organigramma strutturale completo, flessibile ed adattabile alle competenze trasferite, nel tempo, dallo Stato.
Il primo personale regionale della Calabria fu composto, prevalentemente, da dipendenti provenienti degli Uffici periferici dello Stato per le prime materie trasferite alle Regioni, con particolare riferimento al settore agricolo ed a quello dei Lavori Pubblici, per poi proseguire, al di fuori di ogni logica organizzativa e funzionale, con comandi da Enti Locali rispondenti a precisi criteri clientelari per sostenere gli apparati dei vari Assessorati e dei gruppi consiliari.
Alle prime 254 unità (di cui 77 destinate al Consiglio regionale) del 1971, venne, infatti, aggiunto un contingente di “comandati”, “contrattisti”, “fatturisti” e “precari” che vennero, man mano inquadrati, senza alcuna logica organizzativa, nei ruoli regionali.
Dopo 13 anni (1984), i dipendenti regionali erano diventati circa 5.000: un esercito di persone mal distribuite tra i vari settori, servizi ed uffici.
Agli inizi degli anni novanta, essi erano diventati 6.000, prevalentemente non qualificati, sotto-utilizzati e poco stimolati alla produttività: frutto di una spartizione dei posti dell'apparato amministrativo, da parte della classe politica di turno, per acquisire consenso e per creare strutture di fedelissimi pronti ad esaudire i bisogni clientelari dei loro "collocatori"  politici.
Le segreterie degli Assessorati erano il centro del potere a cui doveva sottostare tutto il personale, indipendentemente dal grado e dalla funzione svolta, e l’apparato amministrativo si adeguava, “pacificamente”, agli “indirizzi” di una classe politica preoccupata di “portare a casa” anche poco ma subito, visto che le giunte regionali avevano, in media, una vita istituzionale che non superava i 16 mesi.
Tra l’altro, le Organizzazioni Sindacali della Pubblica Amministrazione erano, nel complesso, estremamente deboli nei confronti della classe politica, anche perché alcuni rappresentanti sindacali erano più interessati alla loro carriera personale che a quella dell’intero apparato amministrativo.  
Le prime discontinuità nella politica del personale si registrano solo dopo il 2000, a seguito del conferimento di alcune deleghe alle Amministrazioni Provinciali,  all’incentivazione all’esodo ed al trasferimento di una parte del personale alle Aziende Sanitarie Provinciali, che portarono l’apparato amministrativo regionale a poco più di 2.100 unità.
Naturalmente, si è trattato di un’ennesima “prima fase” di riordino, avviata concretamente nel 2005, ma non ancora, ad oggi, completata  a causa sia della lentezza delle procedure adottate, che della propensione della classe politica ad avere un apparato burocratico debole e ricattabile.
Anzi,  nel corso degli ultimi 10 anni, la situazione si è nuovamente ingarbugliata, in quanto tra nuovi assunti ed assorbimento di nuovi precari (in particolare, LSU ed LPU), il numero dei dipendenti regionali è notevolmente aumentato.
Chi scrive aveva tentato di proporre dei progetti formativi, durante gli ultimi due governatorati, per specializzare un gruppo di dipendenti regionali nelle materie europee e comunitarie.
Ci siamo trovati di fronte ad un muro di gomma.
Il Ministero delle Politiche Comunitarie ed il Formez sono stati costretti a gettare la spugna, mentre l'EIPA di Maastricht (l'Ente di Formazione della Commissione Europea) si è vista rigettare, dalla Regione Calabria, una proposta formativa per "euro-funzionari".
Se oggi, quindi, abbiamo un apparato amministrativo inefficiente ed impreparato, la responsabilità è da attribuire quasi esclusivamente  alla classe politica che ha rinunciato, da sempre, alla creazione di una burocrazia  in grado di rispondere, in modo adeguato, anche alle sollecitazioni esterne che provengono dall’apparato produttivo e dall’intero sistema sociale regionale.
Le cose si complicano quando, nel caso dell'attuale giunta regionale, la distribuzione delle deleghe agli assessori non è allineata con l'organizzazione dipartimentale: alcuni capi dipartimento dovranno rispondere ad assessorati diversi, a detrimento dell'efficienza e del l'efficacia dell'intero apparato amministrativo.
Ci auguriamo, inoltre, che  la nomina dei nuovi direttori generali non sia il frutto, come è successo nel passato, di una "strategia di asservimento" alla politica, con danni incalcolabili nella filiera del sistema burocratico regionale.
 
VincenzoFalcone
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