Articoli e Interventi >> Non basta tamponare le emergenze (21 agosto 2015)
 
Dopo gli eventi calamitosi che hanno colpito, qualche giorno fa,  i territori di Rossano e Corigliano, ci siamo fatti una "passeggiata" nella storia delle alluvioni in Calabria ed abbiamo scoperto che a partire dall'Unità d'Italia, la nostra regione ha subito, per 65 anni, novanta grandi alluvioni nell'arco degli ultimi 150 anni, con cadenza più sempre più ravvicinata nel tempo (13 anni di eventi alluvionali negli ultimi 15!).
Allora, ci è venuto il dubbio che, probabilmente, almeno nel caso della Calabria, i cambiamenti climatici non possono essere considerati l’unica causa di questi fenomeni, visto che essi si proiettano, sistematicamente, in un arco temporale così ampio.
Anche perché la gravità del problema non è, a nostro avviso, da ricercare solo nei fenomeni meteorologici in sé, quanto negli effetti devastanti, a livello territoriale e sociale, che essi provocano nelle zone in cui si verificano.
E questi effetti devastanti sono tanto più gravi e portatori di morte e di dissesto idrogeologico, quanto più pesante ed aggressivo è il comportamento dell’uomo  in ordine all’abbandono delle sistemazioni idraulico- forestali, ai disboscamenti, all’eccessiva e scorretta urbanizzazione, agli incendi boschivi, alla inadeguatezza delle tecniche agronomiche ed allo spopolamento delle aree interne.
I numerosissimi studi e ricerche sull'argomento, a partire dagli inizi del 1800, ci confermano che gli eventi alluvionali, a parte la continua frequenza nel tempo, si concentrano quasi sempre negli stessi luoghi e con  caratteristiche sostanzialmente analoghe.
Allora ci poniamo una semplice domanda: di fronte a questi disastri annunciati, come mai governanti e governati riescono a dimenticare, con tanta facilità queste catastrofi? 
Purtroppo, dobbiamo constatare che la perdita di questa memoria collettiva è da attribuire, prevalentemente, ad una grave negligenza istituzionale, a livello regionale e locale, in materia urbanistica, che ha consentito quell'urbanizzazione selvaggia che ha “promosso”  la Calabria ai primissimi posti nella graduatoria delle regioni italiane in termini di abusivismo edilizio.
L'assenza di contesti normativi (vedi l’assenza del  Piano Territoriale di Coordinamento a livello regionale) ed amministrativi ha generato  effetti devastanti sul territorio che ha coinvolto  amministratori locali, uffici tecnici, varie categorie professionali e, in particolare, gli stessi cittadini .
Di fronte ad una situazione così complessa in Calabria manca, a quasi tutti i livelli, la cultura della prevenzione e la capacità organizzativa per intervenire in maniera adeguata.
 
La Regione, infatti, non è certamente attrezzata per far fronte ad eventi complessi se si considera che l’intero settore della protezione civile è allo sfascio e privo di strumenti  necessari per programmare gli eventi e gestire l’emergenza.
L’Autorità di Bacino, istituita, nel 2001 (con 12 anni di ritardo rispetto alla legge costitutiva  del 1989) e che sarebbe dovuta  essere un organismo autonoma ed indipendente, in funzione del suo ruolo strategico nell’organizzazione, monitoraggio e salvaguardia  e messa in sicurezza del territori, è stata relegata ad una semplice appendice  dal Dipartimento regionale dei Lavori Pubblici.
Il Settore geologico è sparito dall'organigramma  regionale, mentre la nuova configurazione delle province ha provocato una “ri-regionalizzazione” delle competenze, in materia geologica, assegnate, a suo tempo, dallo stesso Istituto regionale a questi Enti
Il Servizio cartografico regionale e quello Agro-cartografico di Reggio Calabria,il Centro agrometeorologico e quello agro-pedologico, il Servizio antincendi boschivi il Sistema Informatico regionale e l’Elisoccorso, sono privi di collegamento funzionale tra di loro, mentre, il Centro funzionale Multirischio dell’Arpacal cammina per conto suo.
Abbiamo sentito parlare di alcuni uffici riguardanti le reti di  monitoraggio meteo-oceanografico e meteo-idrologico, ma non siamo riusciti a sapere dove sono collocati, mentre per quanto concerne l’Osservatorio Epidemiologico ed il Sistema Informativo Sanitario Regionale, se ne parla da decenni, ma nulla è stato concretamente  fatto.
La cultura della cooperazione, quindi, diventa l’asse portante per mettere in sicurezza una regione orograficamente difficile come la Calabria che impone interventi strutturali di ampia portata e di lungo periodo e non i soliti provvedimenti tampone e la richiesta continua dello stato di emergenza o di calamità naturale.
 Il Governo sicuramente deve intervenire per avviare un'opera di ricostruzione, nei territori colpiti dagli eventi calamitosi, ma deve anche chiudere definitivamente la porta ai continui condoni che sono la vera molla che spinge  molti a perpetrare abusi e distruggere il territorio.
Occorre, inoltre, aggiungere  che il grave problema degli eventi catastrofici, che si verificano in Calabria, sempre più spesso, non si risolve con l’istituzione delle solite task forces  o organismi  di coordinamento se i servizi e le strutture che dovrebbero comporre l’intero sistema di prevenzione sono poco qualificate, inutilizzate e non dotate degli appositi strumenti per programmare e gestire gli eventi.
A cosa servirebbe la creazione di una unità di coordinamento se le strutture e gli organismi interessati non son qualificati ed in grado di dialogare tra di loro?
Noi crediamo che il primo passo dovrebbe essere quello di procedere all’immediata costituzione dell’Agenzia regionale di protezione civile, il cui progetto  di legge  si trova insabbiato, da molto tempo, in una delle commissioni del Consiglio regionale, unitamente a quello per la costituzione del Servizio Statistico Regionale.
Ci auguriamo che il Presidente della Regione Calabria, da parte sua, non continui a convincersi che i problemi della Calabria possano essere risolti con atti monocratici, senza una preventiva ed adeguata consultazione dal basso.
La cronicizzazione dei commissariamenti, siano essi delegati al Presidente della regione o ad altri, ci sta dimostrando che la Calabria è priva non solo di una classe dirigente all'altezza del proprio ruolo, ma anche di una società civile capace di reagire in modo adeguato alle storture provocate dal malgoverno.
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