Articoli e Interventi >> Calabria- I pilastri della crescita
 
Prendo spunto dai contenuti della risposta di Annarosa Macrì alla "parodia"  di Maurizio Silenzi Viselli, sulla lettera inviata dal Presidente Oliverio al Commissario alla Sanità Scura, e  le riflessioni di Antonio Levato sulla politica "al riparo...", pubblicate su questo giornale il 15 luglio scorso (complimenti  a tutti e tre!), per sottolineare la dimensione, ormai preoccupante, dei limiti strutturali che ostano all'avvio di quel  processo di discontinuità di cui parla spesso il Presidente Oliverio che, da 40 anni,  continua a "governare", ai diversi livelli istituzionali.
Forse il Presidente dovrebbe rileggersi i documenti politico-programmatici che diedero vita, circa 30 anni fa, alla prima ed unica giunta di sinistra (la cosiddetta giunta rossa) in Calabria (e della quale  egli era assessore all'agricoltura), per rendersi conto che nulla è cambiato fino ad  oggi e che, purtroppo, il suo programma di governo, non fa altro che ripetere quanto hanno detto e promesso i suoi predecessori (9 Presidenti di Giunta e 4 Governatori).
Naturalmente, in una regione dove nulla si trasforma, non si possono inventare nuove formule di governo se non si è in grado di identificare le strategie da adottare,  sia a livello emergenziale  che a livello strutturale, nel contesto del veloce ritmo dei mutamenti che impone, oggi, il sistema globale.
La "Calabria del 2030", non si costruisce al di fuori di un processo di fertilizzazione dell'intero contesto regionale.
Non si possono piantare alberi in un deserto.
Ecco perché, chi ha la pretesa di governare deve almeno chiedersi  quali devono essere  i veri pilastri della crescita di un territorio.
Non si può costruire una casa senza le fondamenta.
Le grandi debolezze istituzionali che inibiscono il processo di sviluppo regionale sono sempre le stesse dal 1970, e cioè dalla nascita dell'Ente Regione: cattiva produzione legislativa (prevalentemente scopiazzata da altre regioni e priva di Testi Unici ed organici di settore), assenza totale di programmazione, congelamento del decentramento delle funzioni amministrative e competenze agli Enti locali, apparato burocratico debole ed asservito alla politica, enti strumentali  e partecipate alla mercé del clientelismo più sfrenato  e dei localismi.
Qualunque cosa si voglia  fare, in assenza di questi pilastri, sarà destinata miseramente a fallire.
Tutto quello che l'attuale Governatore  dice e promette  non è altro che lo stesso patetico refrain  che noi calabresi  ascoltiamo da anni.
Questo perché i modelli di sviluppo (si fa per dire) che si inventano all'inizio di ogni legislatura regionale si basano sul nulla.
Non si può dare lavoro a chi non ce l'ha se il sistema produttivo regionale non è stato messo  in grado di dare alcuna  risposta ai numerosissimi disoccupati ed inoccupati calabresi, specialmente a livello giovanile; come  è possibile combattere l’illegalità diffusa e la criminalità sempre  più potente e spavalda se non si realizzano i programmi nazionali sulla lotta alla mafia (vedi ad esempio, il Pon Sicurezza) e non si applicano almeno quelle poche leggi regionali in materia (vedi Consulta Antimafia e Sistemi di Sicurezza)?; come è possibile rafforzare il ruolo della società civile se non esistono codici etici in tutte le strutture ed organismi che dovrebbero, per loro natura istituzionale, dare segnali positivi in ordine al rispetto delle regole  e dei valori comuni che sono alla base di una democrazia sociale?
Chi scrive ha avuto la pazienza e la costanza di leggere ed analizzare tutti i programmi dei governatori che si sono succeduti fino ad oggi.
Le diagnosi e le terapie sono sempre le stesse, perché, purtroppo, nulla è cambiato  dall'avvio del regionalismo (1970) ad oggi.
Basta leggere le dichiarazioni programmatiche di Antonio Guarasci, primo Presidente della Regione Calabria, per rendersi conto che, in questi ultimi 45 anni, tutto è rimasto inattuato.
Allora, forse è venuto  il momento di non mettersi  più dietro l'ambulanza; per imboccare la vera via delle riforme strutturali, occorre lavorare  concretamente sulla costruzione dei pilastri istituzionali  a cui abbiamo fatto prima riferimento.
Oggi, le statistiche più accreditate ci dicono che il 75% della ricchezza regionale, in Calabria, viene prodotta dalla politica pubblica: una terribile perversione che sta distruggendo questa regione, totalmente priva, ormai, di processi di autoalimentazione in grado di promuovere quella discontinuità, rispetto al passato, di cui si è sempre, inutilmente, parlato.
La Calabria, nelle condizioni in cui si trova oggi,  necessita di una terapia d'urto che sia la risultante di un patto  per lo sviluppo tra tutti gli attori istituzionali, sociali, economici e culturali che vivono in Calabria e credono in una sua rinascita.
Purtroppo, molte volte, la scarsa conoscenza, anche storica, dei mali  antichi ed attuali della nostra regione spinge gran parte della classe dirigente ad immaginare la soluzione dei problemi della Calabria, in tempi brevissimi  e con terapie generiche  da medico della mutua ( con tutto il rispetto per la categoria).
La situazione diventerebbe ancora più grave si il Presidente Oliverio non comprendesse che da soli non si va da nessuna parte e che non bastano i soliti proclami trionfalistici per risolvere i gravi problemi della Calabria.
Le prerogative costituzionali ed istituzionali attribuite ai Governatori delle Regioni non possono essere considerate  strumento di potere fine a se stesso, ma obbligo ed impegno,  per chi lo esercita, di essere servitore dei diritti dei cittadini, nel rispetto del principio di prossimità.

Vincenzo Falcone
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