Articoli e Interventi >> Prospettiva Mediterranea e ruolo della Calabria
 
 
(Il Quotidiano del Sud 13 ottobre 2015)
 
Dopo l’allerta annuale (che dura ormai da diversi decenni), lanciata dalla Svimez sui problemi sempre più gravi che continuano ad affliggere  il Mezzogiorno, tutti si affannano a “gridare all’untore” ed meravigliarsi di questo fenomeno come se fosse un accadimento improvviso; subito dopo tutto si placa e si ritorna nell’oblio come se nulla fosse successo, fino al prossimo “squillo di tromba”.
Se andiamo  a leggere tutte le diagnosi e le terapie sciorinate, in particolare, in queste occasioni, dalla classe politica locale e nazionale, dalle organizzazioni sindacali e dalla Confindustria, in questi ultimi 20 anni, non troviamo alcunché di nuovo.
Anzi registriamo anche il fallimento di quelle poche azioni ritenute innovative, per risolvere i problemi delle regioni meridionali, quali, le Leggi Obiettivo, gli Accordi di Programma Quadro,  i Contratti di localizzazione, le Zone Franche Urbane,  e così via.
Quello di cui non si parla quasi mai, invece, è come collocare il Mezzogiorno d’Italia all’interno della “Prospettiva Mediterranea” anche se, dobbiamo constatare, purtroppo che l’allargamento a 28 Stati membri sta provocando uno spostamento del centro di gravità dell’Unione verso l’Est  dell’Europa, e sta indebolendo, sempre più, la possibilità di rafforzare la politica euromediterranea che, dalla Conferenza di Barcellona del 1995 ad oggi, non ha registrato risultati apprezzabili per un miglioramento delle le relazioni con i Paesi vicini del Nord Africa e quelli Medio-Orientali.
Anche i programmi “MEDA” la nuova “Politica di Vicinato” si sono rivelati degli strumenti deboli e lenti rispetto ad un Mediterraneo in grande fermento che necessita di un solido progetto politico e sociale di lungo periodo, in grado di  creare una rete forte e stabile tra i popoli dell’Unione e quelli dei Paesi vicini extracomunitari, in un contesto di reciprocità e di migliore comprensione culturale e storica.
Tra l’altro, nelle condizioni attuali, l’offerta che l’Unione Europea propone ai Paesi della Sponda Sud del Mediterraneo, ossia una maggiore integrazione nel mercato interno, non è stata, finora, tale da poter indurre i Paesi africani e del Medio Oriente ad adottare le riforme politiche, amministrative e regolamentari che l’attuazione della politica di prossimità stessa richiede.
E questa è, a nostro avviso,  una delle cause prioritarie sia del notevole incremento dei flussi migratori che si stanno verificando, specialmente in questi ultimissimi anni, sia delle grandi tensioni  sociali, politiche e religiose all’interno dei paesi islamici e nelle relazioni con il mondo occidentale.
Ed è proprio questa gravissima situazione che dovrebbe spingere tutti gli attori locali affinché l’Unione Europea svolga un’azione ancora più incisiva, più mirata e di più ampie dimensioni, che tenga conto del ruolo che le  collettività territoriali  possono svolgere in questo processo, specialmente quelle appartenenti ai 7 Stati membri che si affacciano nel Mediterraneo, nel contesto dei nuovi scenari di apertura economica mondiale destinati a creare dei mutamenti sostanziali sull’attuale situazione geopolitica e soprattutto geoeconomica dell’intera area mediterranea.
Il Mediterraneo non può essere considerato al tempo stesso culla di civiltà e regione periferica, non può essere prioritario nell'azione di promozione della coesistenza e della cooperazione fra i popoli e le culture, per poi  venire di fatto ridotto ad una questione di sicurezza.
Naturalmente, se si vuole che il Mediterraneo diventi una grande area di sviluppo dell’Unione Europea, occorrono politiche mirate di trasferimento di tecnologie, risorse finanziarie, imprenditoriali e organizzative direttamente in loco nei Paesi che si affacciano su questa Area, per consentire ai loro cittadini di proporsi come attori “preparati” ad inserirsi ed integrarsi, nei limiti della funzionalità sociale, economica e culturale, nei sistemi sociali europei.
In questo contesto, la Calabria non deve rassegnarsi a rimanere, politicamente, socialmente e culturalmente sempre in periferia.
Essa potrebbe diventare, per la sua collocazione geografica, una cerniera ed un ponte naturale tra l’Europa ed il Mediterraneo: una risorsa per le altre regioni del Mezzogiorno, con una funzione di raccordo anche con i nuovi giganti economici mondiali quali la Cina e l’India, attraverso, il polo logistico di Gioia Tauro.
Questo grande punto di forza dovrebbe spingere il governo regionale a promuovere ogni possibile azione con le altre regioni meridionali, in un percorso di crescita internazionale che non abbia necessariamente e totalmente un’immediata ricaduta economica, ma che si configuri come  una strategia vincente dal punto di vista della sostenibilità di un suo sviluppo strutturale, nel medio e nel lungo periodo.
Si tratterebbe, in pratica, di elaborare un programma strategico, condiviso e armonico di tutto il Mezzogiorno d’Italia, in un’ottica di cooperazione interregionale transeuropea.
Le premesse per avviare un simile percorso  ci sono tutte perche la “prospettiva mediterranea” è una grande opportunità per equilibrare l’attuale tendenza di alcuni Paesi dell’Unione Europea, in particolare  la Germania, di creare una concentrazione di poli di sviluppo esclusivamente verso l’Est dell’Unione.
Naturalmente, l’Unione Europea deve fornire un quadro di principi, valori, norme e regole comportamentali coerente e continuo nel tempo, all'interno del quale le realtà territoriali dovrebbero cercare di inserire le proprie strategie di sviluppo.
Qualcuno potrebbe considerare queste nostre riflessioni, in un momento di grandissima tensione nelle relazioni tra i paesi occidentali e quelli islamici,   estranee ad un progetto di sviluppo della nostra regione, in quanto difficilmente applicabili in questo particolare periodo storico.
Noi, invece, siamo convinti che le difficili sfide imposte dal sottoviluppo strutturale in cui vive la Calabria, si possono vincere se si ha la capacità di sapere guardare nel lungo periodo, in quanto siamo sicuri che, in futuro, anche se non troppo vicino, l’Unione Europea, se non vuole fallire nella sua missione istituzionale, nata dai Trattati del 1957, e cioè di raggiungere  l’integrazione politica e di contribuire a garantire una pace stabile e duratura tra tutti i popoli della terra, deve assumere, tra gli obiettivi prioritari, l’elaborazione di un grande Piano di solidarietà e sviluppo per la sponda Sud dell’Europa e la creazione di una Piattaforma logistica integrata del Mediterraneo.
 
Vincenzo Falcone
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