Articoli e Interventi >> Ruolo della società civile organizzata nella crescita di una comunità locale
 
Bisogna, purtroppo registrare, che il termine società civile molte volte è  usato a sproposito, anzi abusato, e molto spesso non si ha piena consapevolezza dell’importanza e della forza della società civile nello sviluppo della democrazia partecipativa.
Basta citare la vignetta satirica del disegnatore Altan, pubblicata alcuni mesi fa su Repubblica, dove il marito esorta la moglie che era giunto il momento di aprirsi alla società civile e quella, di rimando ed in preda all’apprensione chiedeva a sua volta: “verranno loro da noi o andremo noi da loro?”
Quasi sulla stessa lunghezza d’onda di Altan,  qualche anno fa, un editorialista de l’Economist si chiedeva : “ma che diavolo è questa società civile?”
Senza scomodare Rousseau, Hegel, Marx e Gramsci, e rimanendo nel nostro piccolo, l’interpretazione più semplice e concreta è quella di intenderla come capitale sociale e come componente strategica dello sviluppo d’area lungo il percorso di un’organizzazione che apprende.
Solo in un società civile organizzata il singolo cittadino può esprimere al massimo la propria forza per far valere i propri diritti e contribuire al rafforzamento del protagonismo attivo nei processi di crescita dei sistemi sociali.
Le Istituzioni  europee, specialmente il Parlamento Europeo e la Commissione, hanno affrontato con continuità questo tema, convinti che la forza dell’Unione che ha come motto: “Uniti nella diversità”, sta proprio nel rispetto dei principi  di sussidiarietà e di prossimità che sono complementari ai principi di solidarietà e di reciprocità.
Un’Unione di 480 milioni di persone non potrà mai raggiungere gli obiettivi prefissati dal Trattato Costituzionale se non si àncora nella vita della società il ruolo centrale della persona, dei suoi diritti inviolabili e inalienabili e il rispetto del diritto.
La stessa Commissione Europea ha avviato, da qualche anno, un processo mirato a promuovere diversi livelli di consultazione propedeutici alla produzione normativa ed agli atti di programmazione comunitaria per verificare il grado  consenso da parte dei cittadini europei ed l’impatto concrete delle politiche comunitarie nel territorio dell’Unione.
 
Questa strategia è stata dettata anche dall’esigenza di ridurre le disparità non solo economiche, ma anche quelle sociali, che caratterizzano le diverse aree dell’Europa.
Ad esempio, nel Nord Europa il valore delle questioni sociali e le spinte che provengono dal basso sono estremamente elevati e lo scarto tra il potere legittimo ed il potere di fatto (per dirla alla Max Weber) è ridotto al massimo.

L’Italia, invece, è uno Stato in cui si registrano, purtroppo, forti deficit di credibilità tra le istituzioni ed i cittadini e molte conquiste sociali, oltre che economiche e culturali, si sono dovute acquisire a caro prezzo, e su forti pressioni dell’opinione pubblica quando questa è riuscita ad organizzarsi.
Perché questi divario?
Perché tanta distanza tra potere legale e potere reale in termini di volontà di cambiamento e di capacità di prospettiva?
Perché manca e, in alcuni casi,  non è cresciuta, nel nostro sistema, la strategia della complementarità funzionale tra esigenze dei cittadini ed azione dello Stato per affrontare con determinazione e superare i problemi emergenti della società civile.
Questo diritto costituzionale che ha ogni cittadino di associarsi liberamente (art. 18) non riesce ad esprimersi nelle forme migliori per concorrere alla buona gestione della pubblica amministrazione e del bene comune.
Si preferisce la via della denuncia (naturalmente fatto positivo) ma che ha la grande debolezza di essere un intervento ex post, quando certi guasti si sono già consumati e bisogna ristabilire le regole che sono state infrante.
Io credo che sia venuto il momento di porci questa questione: perché, in generale, la classe dirigente, specialmente da noi, pur se legittimata da un percorso di democrazia rappresentativa, si appropria della forza del potere legale per poi allontanarsi dai bisogni reali della collettività che li ha delegati ad essere rappresentata, dando vita, in alcuni casi ad una illegalità diffusa o a fenomeni di immobilismo nella crescita.
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