Articoli e Interventi >> Rinascita della Calabria e ruolo della Chiesa
 
(Quotidiano del Sud del 13 dicembre 2014)
 
In questo articolo non è nostra intenzione scrivere la storia del ruolo  che la Chiesa ha avuto in Calabria nell’arco dei secoli.
Tuttavia, per motivare le nostre riflessioni contenute in questo nostro intervento, non possiamo non sottolineare la sua “distanza” nei confronti della povera gente già, schiavizzata e vittima dei soprusi e delle angherie perpetrati, a seconda dei periodi storici, dal sistema feudale, dai baroni e dai grandi latifondisti.
Le immense ricchezze accumulate, a seguito delle continue donazioni da parte dei fedeli di ogni condizione economica,  trasformarono  il Clero in un sistema di potere così forte tale da condizionare anche i nobili (molto spesso ignoranti) e gli stessi sovrani.
Chi si dedicava alla vita religiosa godeva di privilegi enormi, tant'è vero che  alla fine della dominazione spagnola, il regno di Napoli contava oltre 70.000 persone tra sacerdoti e frati, molti dei quali attratti dallo stato ecclesiastico, non certamente per vocazione, ma per l’esclusivo vantaggio che tale status avrebbe potuto loro assicurare.
Essa riuscì ottenere dai  sovrani gli stessi privilegi accordati ai feudatari e, quindi, pur nel contesto dei diversi interessi che caratterizzavano i due ceti, divenne quasi naturale l’avvio ed il consolidamento, nel tempo, di una alleanza tra baroni e clero che durò per molti secoli, con conseguenze terribili nei confronti della gente.
Detto ciò, in questa sede, non intendiamo  trattare, le questioni legate alla Santa Inquisizione, all’’IOR, all’Opus Dei o alla Pedofilia.
Al contrario, vorremmo sottolineare, in positivo, i grandi “segnali innovativi” dei Papi degli ultimi 60 anni, che hanno tentato di ricondurre, anche se molto lentamente e con molte difficoltà, il ruolo della Chiesa verso i valori insiti negli insegnamenti di Gesù di Nazareth,
Ci riferiamo, in particolare, al Principio della Solidarietà di Papa Giovanni XXIII, a quello della Sapienza e della  Conoscenza di Papa Paolo VI  a quello dell’Intergenerazionalità e dell’Unità nella Diversità di Papa Giovanni Paolo II,  a quello della Sussidiarietà di Benedetto XVI ed a quello della Prossimità  e della Reciprocità di Papa Francesco.
Applicare questi principi significa, prima di tutto, istituzionalizzare, in via definitiva, la missione della Chiesa in chiave di Doveri e non di Diritti.
Essa ci deve aiutare a  non essere credenti per abitudine, ma persone convinte che le tre virtù teologali (fede, speranza e carità) convivano, naturalmente, con l’onestà, l’integrità e l’amore alla verità.
Noi abbiamo bisogno di una Chiesa che vada a trovare le persone nelle proprie case, che comunichi con loro  e non solo attendere che i fedeli si riuniscano periodicamente, in occasione delle messe, o preparare “menu” per il pagamento dei battesimi, matrimoni, ricorrenze varie e funerali.
In una regione debole e ferita come la Calabria, occorre una “rete del buon governo”, attraverso la quale le Istituzioni possano più facilmente svolgere il loro mandato e rafforzare i valori della buona politica.
Noi vorremmo una “Chiesa ispiratrice” che rafforzi l’unità delle famiglie, che sostenga una scuola più educatrice e dia impulso ad una migliore organizzazione della società civile.
In questa assunzione comune di responsabilità e di partecipazione, si può trovare una  possibile soluzione ai mali delle nostra regione, aiutando e sostenendo la politica pubblica a gestire il potere come servizio, al fine di poter creare  un’etica comune nella gestione della cosa pubblica.
Noi vorremmo che i 5 pilastri della crescita (Istituzioni, Famiglia, Scuola, Società Civile e, appunto, Chiesa), lavorando insieme,  aprissero  alla speranza per dare certezze, attraverso la costruzione di un Codice Etico per una nuova Calabria, dando vita, finalmente a quel processo di discontinuità sempre declamato ma, poi,  mai attuato.
In questo contesto, mi rivolgo ai vescovi delle dodici Diocesi della Calabria  affinché le migliaia di ettari di loro proprietà ed i tanti beni immobili diventino i segmenti di una grande progetto strategico integrato che, attraverso le sinergie e le economie di scala che si svilupperebbero, non solo darebbero più lavoro ai calabresi, ma sarebbero i precursori di una "buona pratica" da esportare anche fuori della nostra regione, per dimostrare come una sana e trasparente cooperazione tra soggetti locali potrebbe diventare uno strumento di competitività per la valorizzazione delle peculiarità e delle specificità regionali.
Mi sentirò rispondere che il progetto è difficilmente,  praticabile per una serie di problemi di varia natura. Io sono, invece, convinto che un accordo di cooperazione tra le Diocesi, non solo permetterebbe risultati eccellenti in termini di impatto sociale ed economico, ma darebbero un grande insegnamento, non solo a noi credenti, ma a tutti  i calabresi che la Chiesa non da solo benedizioni ed insegna, giustamente  i valori cristiani,  ma potrebbe anche dare lavoro qualificato e duraturo a tanti disoccupati e/o inoccupati della nostra regione
I fondi comunitari, e questo lo possiamo assicurare da buoni conoscitori della materia, sarebbero "ben lieti", in questo caso, di dare un notevole contributo alla realizzazione di questo grande progetto a carattere regionale.

Vincenzo Falcone
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