CAPITOLO 1°

La prima legislatura (1970/1975): l’avvio del regionalismo e la nascita della nuova classe politica

1.1  La Giunta Guarasci (1970/1974)1/I
I risultati delle elezioni regionali del 7 e 8 giugno 1970 segnano l’avvio del regionalismo e portano alla costituzione dei primi con- sigli nelle regioni a statuto ordinario.
Per quanto riguarda la Calabria, sui 40 seggi previsti, 17 ven- gono assegnati alla Democrazia Cristiana (con il 39,8% dei voti ottenuti), 10 al Partito Comunista Italiano (con il 23,2% dei voti) e 8 al Partito Socialista (con il 14,1% dei voti); gli altri 7 seggi vengono assegnati al MSI (2 seggi), al PSU (2 seggi), al PRI (1 seggio), al PSIUP (1 seggio) al PLI (1 seggio) 2.
 
Il primo Consiglio Regionale della Calabria (composto da 40 consiglieri, espressione delle tre province di Cosenza, Catanzaro e Reggio Calabria), convocato per il 1° luglio di quell’anno, si in- sedia ufficialmente a Catanzaro il 13 luglio, senza la partecipa- zione dei 5 consiglieri della Democrazia Cristiana della provincia di Reggio Calabria e, solo durante la terza seduta del 30 luglio, venne eletto Presidente dell’Assemblea Regionale, il socialista Avv. Mario Casalinuovo3.
La storia del regionalismo in Calabria non poteva cominciare peggio: iniziò, infatti, con la rivolta di Reggio Calabria che para- lizzò per mesi questa città (da luglio 1970 a marzo 1971) e suscitò un clamore enorme a livello nazionale ed internazionale.
Nel rinviare gli approfondimenti di questo evento alla ricca bi- bliografia sull’argomento4, occorre ricordare che questa “rivolta” non era da attribuire, solamente, al fatto che la città di Reggio Ca- labria si sentiva “scippata” del titolo di capoluogo di regione a fa- vore di Catanzaro, ma era anche la risultante di una serie di tensioni sociali e politiche che covavano da tempo in un territorio particolarmente depresso della Calabria e che sfociarono in un conflitto di gravi proporzioni, a tal punto che la città venne presi- diata dalla polizia e dall’esercito.
Si sviluppò praticamente una guerriglia urbana nella quale ri- masero uccise sette persone (quattro civili e tre rappresentanti delle forze dell’ordine) e trenta vennero ferite5.
Occorre, inoltre, ricordare che il 22 luglio 1970, nei pressi di Gioia Tauro (RC), si verificò il deragliamento del treno “Freccia del Sud” Palermo-Torino che provocò sei morti ed oltre settanta feriti.
Queste tristi vicende indebolirono fortemente la città di Reggio e scavarono dei solchi profondi tra le varie province, già vittime dei localismi e di un clientelismo sfrenato che pesarono moltissimo sulla costituzione degli Organi del nascente Istituto regionale.
In questo scenario, dopo rinvii e polemiche, il Consiglio regio- nale riuscì ad eleggere, il 19 ottobre del 1970, a quattro mesi dal voto, la prima giunta regionale della Calabria (di centro-sinistra), composta da dodici assessori6 e guidata dal Prof. Antonio Guara- sci7 a seguito di un accordo politico tra DC, PSI e PSU/PSDI8.
Nelle sue Dichiarazioni Programmatiche9, presentate all’As- semblea Regionale il 19 dicembre 1970, il Presidente Guarasci sottolinea il ruolo strategico dell’Istituto regionale quale strumento istituzionale per superare un “residuo difetto burocratico e gerar- chico della Democrazia italiana ed anche la sua condizione di di- stanza e di distacco dai problemi veri posti dalla società civile”.
Il suo assoluto convincimento per il pieno rispetto dei bisogni della popolazione calabrese emerge con chiarezza, quando dichiara che “solo con la Regione, il Mezzogiorno potrà vivere interamente la sua esperienza democratica ed affrontare, oltre che i problemi di conte- nuto dello sviluppo economico e sociale, anche quelli connessi alla costruzione di un regime democratico che sia meno impacciato nel- l’affrontare problemi gravi del costume politico”.
Egli evidenzia, inoltre, che solo la costruzione dell’Istituto re- gionale “potrà dare un contributo notevole allo smantellamento di vecchi e deprecati sistemi della vita politica del Mezzogiorno: il localismo, il clientelismo politico, l’elettoralismo, il settoriali- smo ed il paternalismo...”; ed era, nello stesso tempo, fermamente convinto che la programmazione doveva rappresentare il punto centrale della politica regionale, attraverso la quale sarebbe stato possibile “il pieno ed organico utilizzo delle risorse finanziarie messe a disposizione dalla legge n. 717 del 26 giugno 196510 ed il coordinamento di tutti gli interventi conseguenti agli impegni as- sunti dal governo in materia industriale”.
Pur essendo ancora lontani dal 1975, quando venne approvata la legge n. 382 del 22 luglio del 1975 “Norme sull’ordinamento re- gionale e sull’organizzazione della Pubblica Amministrazione”11,
egli preconizzava una Regione che, con l’assistenza tecnica della Cassa per il Mezzogiorno (che avrebbe dovuto delegare le proprie competenze, di programmazione e gestione delle risorse, alle Re- gioni), doveva essere in grado di predisporre i programmi di attua- zione che successivamente dovevano “essere eseguiti dagli Enti Locali interessati per territorio, su delega della Regione”: una Re- gione quale “strumento di raccordo, di coordinamento e di guida per l’abbattimento degli squilibri del Mezzogiorno, attraverso anche un monitoraggio severo e costante, in ordine al pieno rispetto degli impegni assunti dal Governo circa la destinazione, nel settore industriale, del 40% di tutto il complesso delle somme disponibili dalle aziende delle Partecipazioni Statali”.
Il Presidente Guarasci riconosce l’importanza di quanto era stato fatto dall’intervento straordinario nel primi venti anni d’at- tività, in termini di miglioramento della qualità della vita dei ca- labresi, ma sottolinea come “tutto il contesto non ha fatto variare la tendenza al richiamo degli elementi produttivi ed all’occupa- zione, che sono rimasti sempre in Calabria al di sotto delle medie più comuni, per cui gli squilibri sono rimasti ancora elevati”.
Questo perché, il mancato coordinamento di tutte le iniziative della Cassa per il Mezzogiorno, pur avendo consentito alla Cala- bria di realizzare qualche segnale di modernità, non aveva per- messo di sviluppare e rafforzare il sistema produttivo regionale.
“Non accettiamo una ristrutturazione della vita economica ca- labrese che punti per il 50% sull’agricoltura” egli diceva, perché, “in prospettiva, la Calabria ha bisogno di sviluppare ogni settore dell’economia, ha bisogno soprattutto di trovare una via all’in- dustrializzazione, perché da questo deriva non solo l’occupazione, il lavoro equamente retribuito, ma anche e soprattutto le connes- sioni dello sviluppo sociale ed economico”.
Il Presidente Guarasci sosteneva che le grosse e pesanti diffi- coltà da cui partiva la Regione Calabria potevano essere ridotte se si avviava, sin all’inizio, un percorso strutturale mirato al pieno esercizio della potestà legislativa dell’Istituto regionale, sulla base

 
delle competenze stabilite dall’art. 117 della Costituzione e del- l’art. 17 della legge 281 del 6 maggio 197012.
È chiaro che, essendo ai primissimi mesi dall’avvio del regio- nalismo, i buoni propositi non potevano mancare.
Guarasci immaginava, in tempi relativamente brevi, un’orga- nizzazione amministrativa efficiente ed una struttura dipartimen- tale dell’Esecutivo, per potere avviare un concreto processo di programmazione partecipata, per come previsto dall’art. 118 della Costituzione e per consentire la “partecipazione popolare alle di- verse fasi di formazione della politica regionale”.
Egli auspicava, pertanto, la definitiva approvazione del “Pac- chetto Calabria” e di altri investimenti industriali, promessi dal Governo, che avrebbero dovuto occupare circa 15 mila addetti13,
evidenziando, tuttavia, come, proprio nel settore industriale, le ini- ziative pubbliche si rivelavano saltuarie, episodiche e non coordi- nate e come il sistema produttivo privato non aveva alcun interesse ad investire in una regione poco competitiva come la Calabria.
Ciononostante, Guarasci era consapevole che l’intervento dello Stato e, soprattutto, quello delle Partecipazioni Statali (PP.SS.), avrebbero potuto modificare “profondamente l’ambiente sociale e la struttura economica della Regione”, se opportunamente in- serito in un contesto armonico e funzionale, nel tempo e nello spa- zio, in termini di aggiuntività dell’intervento straordinario da parte della Cassa per il Mezzogiorno (Casmez).
Questo “modello”, secondo Guarasci, avrebbe ridotto l’alto costo sociale dell’emigrazione regionale e costituito uno strumento strategico per completare quel processo infrastrutturale necessario per la modernizzazione della Calabria.
Egli auspica l’istituzione di una Finanziaria Calabrese, per il credito industriale e l’elaborazione di un piano di promozione del sistema Calabria, attraverso anche tutti gli Istituti statali per lo svi- luppo del Mezzogiorno (Casmez ed enti ad essa collegati quali il Formez, lo Iasm e la Svimez).14
Gli altri settori che Guarasci considera prioritari per lo sviluppo e la crescita della Calabria riguardavano il Turismo, la Casa, la Scuola, l’Istruzione Professionale e la Sanità, sottolineando come “ un balzo avanti della società calabrese dipenderà dalla capacita che avrà la classe dirigente della Regione di proporre soluzioni moderne, e di consentire che essa possa sperimentare nuovi me- todi politici per crearsi migliori condizioni di vita”.
Infine, riferendosi agli avvenimenti di Reggio Calabria, con- danna, anche a nome della Giunta regionale, quelle “forze anti- democratiche ed anti regionaliste “ che hanno strumentalizzato i “sentimenti di disperazione, di frustrazione e di collera derivanti da attese lungamente represse”.
Abbiamo ritenuto utile ed opportuno analizzare, in modo più approfondito, le dichiarazioni programmatiche del Presidente Guarasci, in quanto sono state le linee politiche presentate dal primo Presidente della Regione Calabria ed i primi orientamenti politici che sintetizzavano il “grande sogno “ di un uomo di elevata cultura politica che avrebbe potuto dare un notevole contributo al regionalismo italiano ed alla costruzione di una nuova classe diri- gente regionale, per innescare un vero processo di discontinuità rispetto al passato.
Egli certamente non ebbe vita facile, nel suo ruolo di Presi- dente della Regione Calabria, in quanto dovette registrare e com- battere la forte resistenza di una certa classe politica nazionale e regionale che preferiva l’immobilismo ed il conservatorismo ri- spetto alla creazione di una società civile organizzata e moderna, in grado di confrontarsi con le sfide dettate dal ritmo dei muta- menti per una crescita strutturale del tessuto socio-economico re- gionale.
Guarasci, uomo colto e conoscitore della “storia” della Cala- bria, era comunque consapevole, del fatto che i “nuovi problemi” con i quali si stava confrontando, si sommavano ai mali “antichi” di un territorio ancora arretrato e pieno di contraddizioni, a causa anche di un intervento straordinario ventennale che non aveva dato i risultati sperati, specialmente in termini di rafforzamento del tes- suto produttivo regionale.
Ma egli era anche cosciente che, pur in presenza di una situa- zione così complessa, la nascita dell’Istituto regionale aveva creato, in gran parte della popolazione calabrese, la legittima aspettativa dell’avvio di un “nuovo corso” che avrebbe dovuto ga- rantire il pieno rispetto di quel principio di prossimità necessario per potere imboccare un percorso di crescita sostenibile e di un
benessere sociale migliore, in una regione arretrata e periferica come la Calabria.
In questo spirito, egli tentò di lanciare, anche in assenza dello Statuto che verrà adottato dal Consiglio regionale nella seduta del 4 aprile del 197215, alcune linee programmatiche di sviluppo della Regione basate sui seguenti assi prioritari: sviluppo democratico, unità morale, sociale e civile nel processo di crescita, costruzione di un Istituto regionale con strumenti e mezzi adeguati, formazione di una nuova classe dirigente, per liberare una Calabria impanta- nata dai campanili e dai localismi.
Nella “Bozza di ipotesi per il piano di sviluppo economico re- gionale”, del dicembre del 197316, veniva individuata una serie di “fattori favorevoli” e di “fattori sfavorevoli” che caratterizzavano il “sistema Calabria” e dai quali bisognava partire per poter co- struire “un modello originale di sviluppo autonomo”.
Il documento sottolineava come occorreva “passare ad una nuova fase di programmazione globale”, ma, nello stesso tempo, “obbligatoriamente operativa” e, facendo riferimento allo “Schema Regionale di sviluppo della Calabria”17, elaborato nel 1967 dal CRPE (Comitato Regionale per la Programmazione Eco-nomica)18, sottolineava come l’aggiornamento di questo piano era indispensabile non solo per valutarne gli effetti, ma per una rifor- mulazione degli obiettivi collegati al rafforzamento della compe- titività regionale, a livello nazionale ed internazionale, in grado di esaltare i fattori peculiari di attrazione del sistema Calabria.
Il vero progetto speciale della Calabria”, sosteneva il docu- mento, “è il suo nuovo progetto generale, basato sulla sua speci- ficità, sulla sua autonomia di sviluppo, sulla sua «regionalità» come forza distintiva e qualificante”.
“La diversità, sentita fino a ieri come inferiorità, potrebbe di- ventare la sua principale forza economica per uno sviluppo diver- sificato”19.
Anche se questo documento si presentava come un semplice insieme di linee generali, esso, comunque, individuava dei percorsi “non imitativi” per superare quella cultura della subalternità che caratterizzava l’atteggiamento della classe politica regionale, nel rivendicare risorse finanziarie al Governo.
Purtroppo, questa pur “timida iniziativa” venne accantonata, sia per una miopia della classe politica dell’epoca, sia per la scom- parsa prematura del Presidente Guarasci che perse la vita, in un incidente stradale sull’autostrada Salerno-Reggio Calabria, il 2 ot- tobre 1974.
Gli succedette l’Avv. Aldo Ferrara, già Assessore all’Urbani- stica del suo Esecutivo.

1.2  La Giunta Ferrara (1974/1975)20/II
 
Il Presidente Ferrara, eletto dal Consiglio Regionale il 17 otto- bre 197421, proseguì l’azione politica del suo predecessore, in con- siderazione anche del fatto che mancavano solo pochi mesi alla fine della prima legislatura (1975) e quindi, non sarebbe stato pos- sibile, in ogni caso, avviare un nuovo progetto politico di governo della Regione.
Lo stesso documento politico-programmatico22, approvato dall’Assemblea regionale subito prima dell’elezione del Presidente Ferrara, ribadisce, tra l’altro, “il concetto della continuità della linea politica e programmatica tracciata fin dal 1970 e la sua vo- lontà di portare avanti l’azione intrapresa per risolvere i problemi della Calabria nell’ambito delle competenze sancite dalla Carta Costituzionale”.
Il Documento continua, rimarcando che “i programmi già trac- ciati, i progetti previsti o predisposti, le azioni intraprese e le inizia- tive assunte saranno perseguiti con estrema decisione e con celerità, perché la scadenza elettorale prossima trovi la nostra regione in stato di piena credibilità, conforme alle speranze ed alle attese che suscita in tutti gli strati popolari, all’atto della sua nascita”.
“La linea politica e quella programmatica tracciata all’inizio
della nostra attività e durante questi quattro anni di vita regio- nale”, sottolineano, infatti, le delegazioni dei partiti di maggio- ranza “restano pienamente valide nella continuità di un’azione che non tollera né soste né interruzioni”.
In ogni caso, alcuni punti, ritenuti essenziali e strategici, ven- nero ulteriormente ribaditi, quali la necessità di un migliore rap- porto dialettico tra Regione e Stato, (con particolare riferimento ai finanziamenti previsti dall’art. 9 della legge 281/70, al Pacchetto Colombo ed alla Legge Speciale Calabria), la valorizzazione del ruolo dei poteri locali e l’avvio del processo di decentramento am- ministrativo dalla Regione agli Enti sub-regionali; tutto ciò nel contesto dell’art. 51 dello Statuto e della legge regionale n. 18 del 15 dicembre 1973 recante “Norme per la delega di funzioni am- ministrative regionali agli Enti locali”.
Le altre priorità riguardano, l’insediamento delle Comunità Montane, l’istituzione dei Comprensori, l’approvazione della legge per l’esercizio delle funzioni amministrative trasferite in base ai Decreti Delegati, la sperimentazione della logica diparti- mentale nell’attività collegiale della Giunta regionale, la redazione del piano di sviluppo (“non imitativo del Nord”), basato sulle spe- cificità e sulle peculiarità della Regione, unitamente al piano di assetto territoriale, la promozione della normalizzazione democra- tica degli enti sub-regionali vigilati o controllati dalla Regione, la piena operatività del documento approvato dal Consiglio regionale nella seduta del 17 aprile 1974, sulle strutture universitarie regio- nali e, infine, l’approvazione della legge sullo stato giuridico ed economico del personale.
Questa legislatura, essendo la prima, nel contesto del regiona- lismo italiano, può essere considerata la “legislatura dei buoni pro- positi”.
Non mancò, infatti, nei dibattiti all’interno del Consiglio regio- nale, la grande aspirazione per una “nuova Calabria”, per la lotta alla disoccupazione ed alla criminalità organizzata, per la crescita del Mezzogiorno e della riduzione del divario Nord-Sud, per l’in- dustrializzazione strutturale e per l’attuazione del Pacchetto Co-

 
lombo, per la lotta alla povertà e per il potenziamento delle dele- ghe a favore dell’Istituto regionale da parte del Governo.
Tutto, però, si concludeva, all’interno degli stessi dibattiti po- litici (o attraverso conferenze e manifestazioni) e poche erano le azioni concrete ed operative, a livello politico-legislativo ed am- ministrativo, per avviare a soluzioni le grandi questioni sollevate23. Si parte, perciò, senza quella cultura di governance che sarebbe dovuta essere il locomotore del cambiamento e la condizione fon- damentale per un decollo stimolato dal basso (che avrebbe garan-
tito maggiore autonomia e stabilità al processo di sviluppo).
Industria, agricoltura, artigianato e turismo dovevano essere i settori trainanti per questo sviluppo dal basso che, invece, viene abbandonato a favore di rapporti e relazioni meno istituzionali e più “privatistici”.
La Giunta, nel suo insieme, ed i singoli Assessorati diventano luoghi di contrattazione e camera di compensazione per gestire pro- blematiche e per elaborare strategie che, invece, avrebbero avuto bisogno di percorsi più organici e trasparenti, in un contesto di po- litiche di prospettiva, capaci di allargare il processo di consultazione democratica a tutti i soggetti interessati e non a singole parti.
Le stesse timide ed isolate iniziative, a livello di creazione di “Consulte”, di organismi associativi a vario titolo e di altre strut- ture consortili, non erano altro che strumenti nelle mani della po- litica che erogava risorse finanziarie a seconda delle convenienze clientelari.
Anche le associazioni di categorie si dimostravano poco interessate alla creazione di un modello di associazionismo organizzato e “forte” per una crescita “intersettoriale”; anzi, esse preferivano negoziare, con il livello politico regionale, l’erogazione di finanziamenti a loro favore, senza curarsi delle esigenze del contesto generale.
Questo atteggiamento rafforzava il ruolo dei singoli Assesso- rati, sia nella fase di contrattazione che di erogazione delle risorse finanziarie pubbliche destinate ad attuare “piani” e “programmi di settore” tra loro scoordinati, ma funzionali alle esigenze del- l’Assessore di turno.
In particolare, nei comparti dell’agricoltura, artigianato e com- mercio, la maggior parte delle associazioni preferiva svolgere il ruolo di assistenza agli associati, soggiacendo alla forza della po- litica, mentre nel settore industriale, dove il governo regionale aveva minori competenze istituzionali, si registrava una certa di- saffezione alla programmazione di settore ed una poca predispo- sizione, da parte della Regione, di fornire servizi innovativi al sistema impresa.
La stessa cultura della cooperazione veniva vista più in chiave assistenzialistica che in chiave economica, con conseguenze ne- gative, sia in relazione al consolidamento e rafforzamento del si- stema produttivo, che in ordine all’aumento di competitività delle imprese stesse (tra l’altro di piccole e piccolissime dimensioni).
Non bisogna dimenticare, infine, che l’intervento straordinario, in particolare verso la fine degli anni ‘60, era diventato il più forte stru- mento nelle mani dei partiti che, rafforzando il loro potere clientelare, davano spazio allo sviluppo delle relazioni tra politica e affari.
Pochi volevano che le cose cambiassero, visto che il “sistema delle concessioni”, regolato da una legge del 1929, consentiva un’ampia discrezionalità alla Casmez nella scelta dei concessionari i quali, a loro volta, avevano “ampio spazio” nella gestione delle ri- sorse finanziarie a loro disposizione, persino nella fase progettuale24.
Per quanto riguarda la produzione normativa, da parte del Con- siglio regionale, questi primi cinque anni si caratterizzano per una serie di atti legislativi finalizzati, prevalentemente, al finanzia- mento di interventi straordinari, a questioni di bilancio e di perso- nale (incluse le indennità per i consiglieri regionali).
In particolare, durante il primo anno, vennero approvate nove leggi regionali, di cui la prima fu quella istitutiva dei tributi propri della Regione.
Il 1973 fu un anno più “fertile”, con l’adozione di 23 leggi, tra le quali vale la pena ricordare quelle relative ad attività sociali e sanitarie (completamento, ampliamento ed ammodernamento di ospedali civili, interventi straordinari in materia di assistenza sco- lastica per l’anno 1973-74 e disciplina degli asili nido), quelle per il sostegno del turismo e dell’agricoltura25 e quella relativa alla protezione delle coste, in attesa della approvazione del Piano Ur- banistico Regionale.
Occorre, comunque, ricordare che, nei mesi di dicembre del 1972 e di gennaio del 1973, la Calabria venne colpita da un’allu- vione di ampia portata che colpì, in particolare, la fascia Jonica della regione sulla quale si riversarono circa 1.500 millimetri di pioggia, quasi quanto il valore medio annuo rilevato nella zona.
A fronte di questo evento, il Consiglio regionale approvò la Legge Regionale 5/2/1973, n.4 riguardante “Norme sugli imme- diati interventi in favore delle popolazioni colpite da calamità nat- urali nei mesi di dicembre 1972 e gennaio 1973”26.
Durante l’anno 1974, le leggi regionali approvate furono 18, con particolare riferimento a quelle sull’Agricoltura27 e sulle Pic- cole e Medie Imprese (PMI) e quelle sulla costituzione delle Co- munità montane.
Nell’ultimo anno della legislatura (1975) vennero approvate 30 leggi, tra le quali occorre ricordare quelle sull’edilizia scolastica, sull’assistenza ospedaliera, sul piano sanitario regionale e sull’a- gricoltura.
Delle 80 leggi regionali approvate nella I legislatura, riman- gono ancora operative solo 3 leggi: la n. 1/71 (“Istituzione dei trib- uti propri della Regione Calabria”), la n.26/75 (“Interventi nel settore delle infrastrutture rurali e delle opere pubbliche di bonifica”) e la n.28/75 (“Interventi regionali a favore degli enti per la protezione e l’assistenza dei sordomuti”).
Per quanto riguarda l’attività extra legislativa del Consiglio re- gionale, bisogna sottolineare che i dibattiti e le iniziative sui di- versi problemi relativi, prevalentemente, all’emergenza della situazione regionale non mancarono; citiamo tra gli altri: i moti di Reggio Calabria, la richiesta al Governo di un programma di in- vestimenti industriali e di un programma straordinario per superare l’emergenza, la legge speciale Calabria, la legge di rifinanzia- mento della Casmez, gli schemi dei decreti delegati, l’estensione
alla Calabria dei compiti della Commissione d’inchiesta sul feno- meno della mafia, lo sviluppo delle “aree industriali”, il piano di localizzazione per l’edilizia pubblica, il Piano Economico Nazio- nale, gli eventi alluvionali 72/73, la conferenza regionale sull’agri- coltura, le leggi quadro nazionali e regionali, la lotta alla mafia, ecc.
Ma tutto questo non bastò per permettere l’istituzionalizzazione di un rapporto Consiglio/Giunta, all’insegna dei reali bisogni della popolazione calabrese e di una “cultura della collegialità” nelle decisioni dall’Esecutivo, all’interno del quale, invece, gli asses- sorati stavano diventando dei piccoli ministeri che programma- vano e gestivano le risorse pubbliche in piena autonomia al servizio delle esigenze clientelari.
Naturalmente, questa prima legislatura pagava lo scotto di una regione “nata male”, nel senso che i comportamenti politici di quasi tutti i consiglieri regionali eletti erano dettati da una visione “localistica” nell’affrontare i problemi emergenti e strutturali della Regione e le loro possibili soluzioni.
Alla “cultura di una Calabria”, resistevano le “subculture delle Calabrie” che alimentavano la litigiosità tra i partiti ed all’interno dei partiti, in nome dei localismi e del potere clientelare.
 
 
1 Antonio Guarasci nacque a Rogliano (CS) il 7 maggio 1918. Laureato in filosofia, in- segnò storia e filosofia presso il Liceo “Telesio” di Cosenza fino al 1969. Nel 1952, venne eletto Consigliere Provinciale nella lista della Democrazia Cristiana e nel 1962 divenne Presidente dell’Amministrazione Provinciale di Cosenza. Collaborò attiva- mente alla stesura del 1° piano per la Calabria, in qualità di componente del Comitato Regionale per la Programmazione Economica (CRPE). Nel 1970, venne eletto con- sigliere regionale per la circoscrizione di Cosenza e, poi, primo Presidente della Re- gione Calabria, in una Giunta di centro-sinistra. Muore in un incidente stradale nei pressi di Polla (SA) il 2 ottobre 1974.
2 Nell’Allegato 1 al presente lavoro sono riportati i risultati delle elezioni regionali della Calabria dal 1970 al 1995 (Fonte: Ministero dell’Interno).
3 L’avv. Mario Casalinuovo (catanzarese) restò in carica fino al 1973. Gli succedette, l’8 maggio 1973, il Prof. Scipione Valentini (cosentino, eletto nelle liste del PSIUP) che rimase in carica fino al 21 luglio 1975.
4 Nell’Allegato 5 al presente lavoro sono riportati la cronologia dei principali eventi e, per eventuale consultazione, alcuni riferimenti bibliografici sui moti di Reggio Cala- bria del 1970.
5 Riteniamo opportuno ricordare anche la morte dei cinque “anarchici della “Baracca”, a seguito di un incidente automobilistico, causato da un camion, avvenuto il 22 set- tembre del 1970, sull’autostrada del Sole, al chilometro 50 tra Ferentino ed Anagni. Alcuni ritengono che la morte di queste cinque persone non fu affatto “casuale”.
6 Nell’allegato 3 al presente lavoro sono riportati i nomi di tutti gli assessori componenti delle Giunte regionali che si sono succedute dal 1970 al 2000 e la loro appartenenza politica.
7 L’elezione del Presidente Guarasci avvenne dopo due sedute di accesi dibattiti (il 7 ed 19 ottobre del 1970), con una maggioranza di 25 voti su 40 (17 DC, 6 PSI e 2 PSU/PSDI), in conseguenza di un clima politico rovente all’interno degli stessi partiti di maggioranza, in particolare della DC, i cui consiglieri eletti nella provincia di Reg- gio Calabria, si astennero per i noti fatti di Reggio Calabria. Occorre sottolineare, a questo proposito. che il Presidente della Giunta regionale, fino all’entrata in vigore della legge costituzionale 22 novembre 1999, n. 1 “Disposizioni concernenti l’elezione diretta del Presidente della Giunta regionale e l’autonomia statutaria delle Regioni”, veniva eletto dal Consiglio regionale, come gli altri membri dell’Esecutivo, fra i propri componenti.
8 La regione fu a guida democristiana o socialista, sulla base di un accordo tra i due partiti di maggioranza, fino al 1986. La Democrazia Cristiana si trovò all’opposizione solo durante il quadriennio della cosiddetta “Giunta Rossa” (1986/1990), presieduta prima dal Socialista Francesco Principe (cosentino) e, poi, dal socialista Rosario Olivo (catanzarese).
9 Consiglio Regionale della Calabria, I Legislatura, Resoconti Consiliari, Anno 1970, pagg. 221 e seguenti.
10 Per alcuni approfondimenti sulla legge n. 717 del 26 giugno 1965, “Disciplina degli interventi per lo sviluppo del Mezzogiorno”, si rinvia al capitolo precedente. Con que- sta legge, la durata della Cassa per il Mezzogiorno (istituita con legge 10 agosto 1950, n.646 ed integrata con la legge n. 634 del 29 luglio 1957) viene prorogata al 1980, ma la sua attività viene rifinanziata solo fino al 1969. Con questa legge, nasce il Co- mitato dei ministri per il Sud, in seno al Cir (che poi diventerà Cipe) e viene previsto un Ministro senza portafoglio, delegato dal Presidente del Consiglio dei Ministri, per il coordinamento degli interventi per il Sud. I principali settori interessati da questa legge erano i lavori pubblici, l’istruzione artigiana e professionale, il turismo e l’in- dustria alberghiera, l’artigianato, l’agricoltura e foreste, la viabilità, gli acquedotti ed altre infrastrutture primarie.
11 In attuazione di questa legge, vennero approvati, due anni dopo (1977), i decreti de- legati nn. 616, 617 e 618, attraverso i quali venivano delegate all’Istituto regionale, funzioni, materie e competenze dell’amministrazione pubblica nazionale.
12 Essa riguarda i “Provvedimenti finanziari per l’attuazione dell’ordinamento regionale e delega legislativa al Governo per il passaggio delle funzioni e del personale statale alle regioni nelle materie di loro competenza ex art. 117, (I comma) della Costitu- zione”. L’art. 17 della suddetta legge delegava il Governo ad emanare, entro due anni dalla sua entrata in vigore, dei decreti aventi valore di legge ordinaria, per regolare il passaggio alle Regioni delle funzioni previste dall’art. 117 della Costituzione, oltre che del relativo personale statale. Con il Decreto Legge n. 1121 del 28 dicembre 1971, si stabilì che i decreti ex art. 17 della legge 281, avrebbero avuto effetto, per quanto riguardava “il trasferimento delle funzioni amministrative”, dall’1 aprile 1972, preci- sando che, dalla stessa data, sarebbe iniziato l’esercizio da parte delle Regioni delle funzioni trasferite. Gli undici decreti delegati vennero emanati, il 14 ed il 15 gennaio del 1972. Le funzioni amministrative trasferite alle Regioni riguardavano le seguenti materie: circoscrizioni comunali e polizia locale; acque minerali, cave e torbiere; as- sistenza scolastica, musei e biblioteche; assistenza sanitaria ed ospedaliera; trasporti; turismo ed industria alberghiera; fiere e mercati; urbanistica, viabilità ed espropria- zione; beneficenza pubblica; istruzione artigiana e professionale; agricoltura, caccia e pesca.
13 Il Presidente del Consiglio dei Ministri dell’epoca, on. Emilio Colombo, nel suo di- scorso alla Camera dei Deputati, nella seduta del 16 ottobre 1970, aveva annunciato un pacchetto di misure, il cosiddetto “Pacchetto Colombo” (approvato, poi, dal CIPE nella riunione del 26 novembre 1970), che prevedeva l’allocazione in Calabria di al- cune grandi industrie, a cui vennero aggiunti altri progetti industriali da localizzare sul territorio calabrese. Questo insieme di misure, più che un vero Progetto di Sviluppo della Calabria, non era altro che un insieme disorganico di investimenti, tra l’altro riguardanti settori in crisi e ad alta intensità di capitale, “inventati” dal Governo per ridurre le tensioni sociali che si erano create nella Regione a seguito dei moti di Reggio Calabria. Tale argomento è trattato, in modo approfondito, nell’apposito Focus alle- gato al presente lavoro: “L’industrializzazione senza volto”.
14 Sulla storia della Cassa per il Mezzogiorno (Casmez) e dell’intervento straordinario in Calabria, si rinvia al capitolo 3 “Dalla Ricostruzione all’avvio del Regionalismo” ed al Capitolo 6 “La velocità immobile” di questo volume . La Casmez venne sop- pressa con il DPR del 6 agosto 1984 e, successivamente, con La legge n. 64 del 1 marzo 1986, venne istituita l’Agensud che operò fino alla sua abolizione, avvenuta con D.L. n. 96 del 1993. Per quanto concerne gli Enti collegati alla Casmez vedasi nota n. 46.
15 I lavori della Commissione per la elaborazione dello Statuto, istituita il 15 settembre 1970, durarono poco più di cinque mesi (settembre‘70–febbraio‘71). Presidente della Commissione era stato eletto Aldo Ferrara a cui succedette Rosario Chiriano quando Ferrara venne eletto Assessore all’Urbanistica. Lo Statuto fu approvato dal Consiglio regionale a larghissima maggioranza (35 favorevoli e 4 contrari, con un solo consi- gliere assente, in quanto in congedo) nel corso della ventiduesima seduta consiliare (31 marzo 1971), l’ultima che si tenne nella città di Catanzaro. Il 4 aprile successivo, a Reggio Calabria, ci fu la “proclamazione solenne” dello Statuto della Regione Ca- labria; Statuto che il Parlamento approvò il 28 luglio 1971, con la legge n° 519, pub- blicata sulla «Gazzetta ufficiale» il 3 agosto dello stesso anno.
16 “Bozza di ipotesi per il piano di sviluppo economico regionale”-Regione Calabria- Presidenza della Giunta-Dicembre 1973 – Industria Grafica FRAMA SUD S.p.A – 1974 (a cura dell’Ufficio Stampa della Giunta regionale della Calabria).
17 Vedasi “Schema Regionale di Sviluppo della Calabria 1966-70”, a cura del Comitato Regionale per la Programmazione Economica della Calabria (CRPE) (Catanzaro) – La Tipo Meccanica Catanzaro – gennaio 1970.
18 Il CRPE della Calabria venne insediato, a Catanzaro, il 9 dicembre del 1965, in at- tuazione della legge 14 novembre 1962, n.1619: “Autorizzazione di spesa per i servizi della programmazione economica generale”(e successive modificazioni) che preve- deva, tra i compiti del Ministero del Bilancio, la costituzione di Comitati regionali per l’attività di programmazione economica. Con D.M. 22 settembre 1964 del Mini- stero del Bilancio, in esecuzione della citata legge n.1619/62, vennero costituiti, in ciascuna regione, i comitati regionali per la programmazione economica il cui obiet- tivo era quello “di collaborare con il Ministero del Bilancio in detta materia”.
19 “Bozza di ipotesi per il piano di sviluppo economico regionale”, Regione Calabria, Presidenza della Giunta, dicembre 1973 – Industria Grafica FRAMA SUD S.p.A – 1974 (a cura dell’Ufficio Stampa della Giunta regionale della Calabria), pag. 20.
20 Aldo Ferrara, avvocato, intraprese la carriera politica nel 1946, iscrivendosi alla DC in seno alla quale ricoprì, poi, diversi incarichi, in quanto componente del Comitato provinciale e regionale dello stesso partito. Dopo avere svolto il ruolo di consigliere, assessore e presidente dell’amministrazione provinciale per 12 anni, egli venne eletto nella circoscrizione di Catanzaro, alle regionali del 1970, dove svolse, prima l’incarico di Assessore all’Urbanistica e poi presidente della Giunta regionale, succedendo ad Antonio Guarasci tragicamente scomparso. Nella seconda legislatura, viene rieletto consigliere regionale e, successivamente, Presidente della Regione Calabria dopo le dimissioni di Pasquale Perugini.
21 Il Presidente Ferrara si insediò ufficialmente il 21 ottobre del 1974. Vennero riconfer- mati tutti gli Assessori in carica, ad eccezione di Consolato Paolo Latella, già assessore alla Sanità, deceduto il 3 gennaio dello stesso anno, al quale succedette l’Avv. Bruno Dominijanni; mentre al posto di Ferrara, subentrò l’On. Mariano Rende, in qualità di nuovo Assessore all’Urbanistica.
22 Il documento politico-programmatico, sottoscritto dalle delegazioni della DC, del PSI e del PSU/PSDI, venne approvato dal Consiglio Regionale, con Deliberazione n. 356 del 17 ottobre 1974.
23 Naturalmente, siamo pienamente consapevoli che la poca autonomia dell’Istituto re- gionale, nella primissima fase della sua costituzione, non consentiva di operare “a pieno regime” a causa, in particolare, dell’assenza di quelle deleghe e funzioni am- ministrative che il Governo, concesse, solo successivamente, a partire dal 1977, con i Decreti Delegati in attuazione alla legge 382 del 1975.
24 Salvatore Cafiero che dedicò l’intera vita professionale alla “questione meridionale”, prima come ricercatore e poi, come direttore della Svimez, nel suo libro “Storia del- l’intervento straordinario nel Mezzogiorno, 1950-1993” (Collezione di studi meri- dionali”, Lacaita, Manduria - Bari - Roma, 2000), sosteneva che, con l’approvazione delle legge di proroga (la n. 717 del 1965) di quella istitutiva della Cassa per il Mez- zogiorno (la n. 646 del 10 agosto 1950), “scese in campo la politica la quale decretò la lenta agonia dell’intervento straordinario”. Egli denunciò sempre apertamente tali pratiche scorrette ed i danni che esse provocarono rispetto allo sviluppo delle regioni meridionali: e “questa fu una delle principali cause della corruzione tecnica e politica e della conseguente lievitazione del debito pubblico a livello nazionale”.
25 Con legge regionale 14/8/1973, n.8 vennero approvate le “Norme per la utilizzazione dei fondi di cui alla legge 28 marzo 1968, n. 437, recante: “Provvedimenti straordi- nari per la Calabria”, con particolare riferimento al Piano triennale per la sis- temazione idraulica e forestale.
26 Frane, crolli, mareggiate e allagamenti devastarono moltissime zone sia montane che collinari e costiere ed isolarono molti comuni (specialmente della provincia di Reggio Calabria), obbligando una parte degli abitanti alla evacuazione. I senzatetto e le case semidistrutte furono migliaia, con danni ingentissimi.
27 In questo settore, sia la Giunta che il Consiglio regionale dimostrarono un concreto dinamismo (grazie anche all’impegno politico del Presidente Antonio Guarasci e dell’Asessore all’Agricoltura pro-tempore Pasquale Perugini) approvando, in dieci mesi, 4 leggi regionali nei comparti dei miglioramenti fondiari, del credito di condu- zione, della zootecnia, delle colture erbacee irrigue e quella sulla costituzione delle Comunità Montane. La Giunta regionale, inoltre, nello stesso periodo, aveva appro- vato ed inviato al Consiglio regionale altre sei proposte di legge aggiuntive e/o com- plementari alle precedenti. Occorre, a tale proposito, sottolineare che nel “Rapporto conclusivo sulla prima conferenza regionale sull’Agricoltura”, presentato nel 1975 dall’Assessore Perugini, erano contenute le prime linee guida per una programmazione di lungo periodo nel settore agricolo e l’opportunità di un collegamento organico e funzionale tra gli interventi derivanti dalla legislazione regionale, i progetti speciali della Casmez (Acque, Irrigazione, Agriturismo, Agrumicoltura, Forestazione a scopi produttivi e Zootecnia) e gli interventi della Legge Speciale Calabria (la n. 437/68).

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